Quanto a quelli che non sentono alcuna emozione nell’affrontare un discorso davanti a una platea, mi sembrano degni di disapprovazione e di rimprovero.
Cicerone
La storia dell’occidente ci insegna che uno degli strumenti principali per cui una persona viene riconosciuta come un buon comunicatore è il discorso pubblico. Questa constatazione vale per l’’antica Grecia, cosi come per il teatro della politica italiana.
Interessante è verificare con quale uso del linguaggio, nei discorsi pubblici rivolti alla gente, alcuni politici, in particolare uno dei fondatori del nostro partito – e mi riferisco al nostro compianto presidente – abbiano costruito un’immagine, irrompendo nella scena italiana come un nuovo soggetto politico in un momento di grande crisi del sistema politico istituzionale.
Stop al politichese
L’homo novus sceglieva di rompere con la tradizione del linguaggio politico italiano: non più il politichese – per lo più incomprensibile ai cittadini, ormai stanchi di non capire mai che cosa diceva un politico quando parlava – ma un linguaggio comune fatto di parole semplici, chiare e comprensibili per chiunque.
Il politichese, suggeriva all’uditorio un senso di estraneità, di lontananza, la percezione di un linguaggio usato per non farsi capire, ma piuttosto per affermare il proprio status di superiorità. Ma con l’arrivo di Silvio Berlusconi, cambiava tutto. La percezione globale era di un parlare spontaneo e naturale, dietro al quale c’era in realtà l’uso consapevole e accorto, di tutte le figure retoriche. Una visione della politica come strumento per risolvere i problemi e aumentare la qualità della vita delle persone con l’obiettivo di dare loro una vita felice.
Il lessico trasparente
Berlusconi parlava all’uomo comune come un uomo comune: il lessico è trasparente, la costruzione delle frasi è semplice e lineare, prevalgono le coordinate dove il molto usato è il noi, che accomuna l’oratorio e l’uditorio con riferimento ad azioni concrete alla quotidianità in cui la gente può facilmente riconoscersi e dire: “Sta parlando proprio di me”.
Ma il linguaggio retorico della politica che non ha come scopo la ricerca della verità, ha invece come perno principale il persuadere che una certa causa vada perseguita mentre un’altra combattuta.
Questo tipo di linguaggio oggi è diventato obsoleto. Fin quando si continua a mettere in evidenza durante un dibattito pubblico che chi parla ha ragione e l’altro ha torto, e viceversa, invece di comunicare la propria idea con forza ed entusiasmo, non ci sarà mai una soluzione.
A parer mia bisogna suonare la stessa musica per risolvere i problemi. Il politico di successo deve diventare un direttore d’orchestra dove ogni componente del parlamento suona la sua musica ma insieme agli altri, per creare una grande sinfonia. Una sinfonia che si chiama rispetto, educazione, trasparenza, voglia di fare, voglia di vivere, ottimismo e felicità: insomma deve essere un leader.
La politica social
Il Mondo oggi ci sta facendo vedere spaccati di realtà che trent’anni fa erano conosciuti da pochi. La politica è diventata anche social e il gap che una volta c’era tra il politico e la gente, oggi è ridotto se non annullato. I mezzi di comunicazione di massa oggi sono accessibili a tutti, a chi credere quindi? Il punto è che i social, i media e le numerose fake hanno ingarbugliato il concetto di verità e di realtà.
Chi ha ragione quindi? Chi parla meglio? Chi è più simpatico? Beh la storia della Tv ha avuto il suo perché e la sua evoluzione ha avuto ragione e abbiamo visto che l’impatto mediatico ha sicuramente avuto e ha ancora un grande effetto sul risultato finale, ma poi questa persona scelta “dal popolo” deve saper fare, non basta sapersi vendere, come oggi spesso vediamo!
La voglia di verità
I giovani oggi si accorgono subito se una persona è “vera” o “finta”. La televisione non è più così guardata come prima e i canali social stanno perdendo sempre più potere perché oggi i giovani vogliono la verità, solo la verità. E la verità non puoi farla vedere o spiegarla facendo l’attore vestito in giacca e cravatta o facendo finta di piangere perché sei preoccupato del popolo, ma risolvendo i problemi che saranno negli anni avvenire sempre maggiori.
La politica è passione per un ideale di vita e quindi diventa efficace il discorso di un politico quanto più sia in grando di trasferire e muovere queste passioni. La differenza tra un politico e l’altro sta semplicemente nella misura in cui crede che un mondo migliore possa nascere e non lo va a sbandierare sui social o in televisione esclusivamente per avere consenso o dei like spesso comprati con un piccolo investimento, perché solo con il consenso, il Mondo non cambia.
Giorgio Boccaccio
Resp. Formazione politica – Forza Italia Città di Torino
Responsabile Dipartimento Formazione Politica e Principi, Valori e Memoria Storica – Coordinamento Cittadino Forza Italia Torino. (Torino, 21 agosto 1961) è un docente, giornalista, peak power performance coach italiano. Ha iniziato la sua carriera in ambito aereonautico e aerospaziale, fino a quando ha deciso di lasciare la sua professione per dedicarsi alla Comunicazione e alla Formazione. Ha svolto incarichi direttivi nel settore mediatico (televisione, pubblicità, produzione, editoria), è stato direttore del mensile VIVO, partecipato in qualità di ospite a numerosi Convegni internazionali in cui ha divulgato i risultati delle sue ricerche nel campo della comunicazione e la formazione dell’essere umano. Negli anni novanta ha contribuito a fare nascere quel fenomeno che in Italia ha preso il nome di Crescita personale. Nel 2012 ha ricevuto il Mandir della Pace ad Assisi per uno sviluppo di una Nuova Cultura di Pace nel Mondo ed è stato Presidente della Giuria per l’assegnazione del Premio Miglior Francobollo per la Croce Verde di Torino. Nel 2021 ha vinto – con Menzione d’Onore – la XVIII° Edizione del “Premio Nazionale di Arti Letterarie Metropoli Città di Torino – Sezione Giornalismo, Premio Gianni Ferraro”. Ha lavorato in Italia, UK, Francia, Austria, Svizzera, Spagna.