A Torino deve tornare la tipica “voglia del fare”, anche in politica

La Dc ha governato Torino negli ultimi anni del boom economico degli anni Cinquanta e Sessanta fino al 1975, anno in cui vinsero le elezioni il Pci di Novelli ed i suoi alleati di sinistra. Lo Scudo crociato è ritornato, in seguito, alla guida della città nel periodo 1983-1994 con le giunte di pentapartito. La DC coi suoi sindaci, i suoi assessori ed i suoi consiglieri comunali garantì negli anni del dopoguerra in cui fu al governo di Torino un eccezionale sviluppo determinato dallo sviluppo industriale, trainato dal settore metalmeccanico in generale ed automobilistico in particolare, che trovò nel capoluogo piemontese il suo epicentro. La crescita economica impose all’amministrazione il compito di soddisfare i bisogni fondamentali per gli abitanti vecchi e nuovi della capitale dell’auto: case, scuole, ospedali. Le amministrazioni a guida democristiana seppero dare concrete risposte alle sfide che avevano di fronte. Dopo la parentesi delle giunte rosse del sindaco Novelli, la Dc è tornata a governare Torino tra il 1983 ed il 1994 col amministrazioni di pentapartito. In una nuova contingenza storica ha continuato a far crescere la città grazie alla realizzazione del passante ferroviario, all’interramento di Porta Susa, all’approvazione di un nuovo piano regolatore che ha determinato i nuovi viali delle Spine ed alla creazione del nuovo polo universitario nell’area dell’ex Italgas. Così la città si proiettata verso il futuro. Le successive giunte di sinistra guidate da Castellani, Chiamparino e Fassino hanno progettato molto ma hanno concluso poco. Hanno illuso tanti, ma hanno soddisfatto pochi: tendenzialmente i beneficiari del Sistema Torino. L’unico acuto restavano le olimpiadi invernali del 2006. Finanziate in gran parte dallo Stato, non hanno avuto, dopo l’evento, la ricaduta che avrebbero dovuto avere. Nel 2016 arrivano i Cinque stelle. Non cambia nulla sulla gestione spartitoria e chiusa del potere e le realizzazioni si riducono a nulla. Un bilancio fallimentare quello dell’amministrazione Appendino. Dopo 27 anni di errori è giunto il momento di ritornare alla “voglia di fare” tipica della Democrazia Cristiana.

Tornare alla concretezza. Questo l’impegno della Democrazia Cristiana torinese dopo venticinque anni di piccolo cabotaggio rosso (Pd) ed immobilismo giallo (Cinque Stelle). Nei vent’anni delle giunte Castellani, Chiamparino e Fassino sono fioccati studi, analisi e progetti. Disegni ambiziosi con poche realizzazioni. Le narrazioni di Torino Internazionale e Torino Strategica hanno fornito molti spunti, ma, prive di coerenti e coraggiose decisioni politiche capaci di attrarre investimenti , tutto è rimasto circoscritto a corpose pubblicazioni ed alla tutela dei soliti interessi. Appendino e la giunta grillina hanno pensato, al contrario, che bastasse il minimalista portale di Open for Business Torino ad attrarre gli operatori economici internazionali verso la città. È andato così come era prevedibile. Non è arrivato nessuno. La Dc ritiene indispensabile accantonare il “minimalismo” dell’esperienza Appendino e dare attuazione ai migliori progetti elaborati negli ultimi venticinque anni, all’interno di un quadro di certezze (dai piani urbanistici a quelli dei trasporti, dal rilancio dell’immagine della città all’attenzione nei confronti della coesione sociale). Occorre saper dialogare con gli investitori, convincendoli a puntare su Torino. Dimostrando credibilità e voglia di fare.

Mauro Carmagnola

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